Nella notte tra il 25 e il 26 Aprile 1986 il quarto reattore della centrale nucleare di Cernobyl, in Ucraina, esplode. Dal reattore esploso uscirono, si valuta, oltre 3 milioni di curie di cesio 134 e 47 milioni di curie di altri radionuclidi con conseguenze disastrose, tumori tiroidei quadruplicati nell’intera popolazione, nei bambini aumentati di settanta volte.
Il sarcofago di cemento che avvolge ciò che resta del reattore è ora in condizioni estremamente precarie, si stà procedendo ad una nuova copertura (alla costruzione parteciperanno imprese italiane).
Il tempo, le infiltrazioni d’acqua e gli sbalzi di temperatura hanno minato la copertura messa troppo in fretta all’indomani dell’esplosione.
Secondo studi condotti da ricercatori ucraini, quasi quattro milioni di litri di acqua si sono infiltrati nel sarcofago con due probabili conseguenze: la distruzione dell’involucro e, prima ancora, l’infiltrazione di una “sensibile quantità di stronzio radioattivo” nel fiume Pripyat che passa vicino a Cernobyl e fornisce parte dell’acqua potabile della capitale Ucraina.
Sono passati ormai tantissimi anni dall'incidente nucleare, che ha minato la storia, la vita e soprattutto la salute di oltre dieci milioni di persone di Ucraina, Bielorussia e Russia.
Le dimensioni del disastro sono enormi: l’area ufficialmente contaminata copre 145.000 Kmq (quasi 7 volte l’area della Lombardia). La situazione è disperata e desolante, con la morte nucleare che mette a dura prova la dignità, oltre che la salute delle persone.
La sensazione più chiara che si percepisce è il senso di abbandono, la desolazione, unita all'impotenza, l'amara evidenza di una vita senza futuro per sé e per i propri figli: moltissime famiglie con bambini sono infatti gli abitanti dei villaggi delle zone contaminate irreparabilmente da cesio 137, stronzio 90, plutonio, tutti radionuclidi che ingeriscono nella dieta quotidianamente attraverso i prodotti agricoli fortemente contaminati.
Il 20% del territorio boschivo (1.3 milioni di ettari) della Bielorussia risulta contaminato; circa 257.000 ettari di terreno agricolo delle regioni di Gomel e di Mogilev sono inutilizzabili per l’agricoltura.
Tra gli organi maggiormente esposti a rischio, quello che ad oggi è stato più studiato, perché con sicurezza ha rivelato le conseguenze del disastro di Cernobyl, è la tiroide.
La zona maggiormente colpita riguarda la Bielorussia, qui il tasso di natalità è diminuito del 50%, vi è un forte aumento dei casi di cancro tiroideo tra i bambini, nella zona più contaminata fino a cento volte e sono cancri tremendamente invasivi per il 95% dei casi.
In Bielorussia l’incidenza del cancro alla tiroide è aumentata da 0,3 a 11 casi ogni 100.000 abitanti, arrivando nel 1997 ad un totale di 574 casi tra i bambini, rispetto agli 8 casi registrati tra il 1974 e il 1985 (cioè prima dell’incidente).
Nella regione di Gomel, il cancro alla tiroide ha colpito quasi seicento casi. Dal 1986 al 1995 il cancro al polmone è passato da 6 a 7,5 casi su 100.000 persone; il tumore alla vescica da 5,5 a 10,7 casi su 100.000 persone; il tumore ai reni presenta un incremento di 2,5 volte, la leucemia da 9,34 a 11,62 su 100.000 bambini, per 7 anni. Circa il 50% dei bambini delle regioni di Gomel e di Mogilev presentano immunodeficienze secondarie. Il cancro rappresenta il 42,4% delle patologie a carico della tiroide.
Tra le ragazze adolescenti che vivevano e vivono tuttora nelle regioni contaminate, le alterazioni dell’apparato riproduttivo sono cinque volte più frequenti che nel resto del paese, e fra i maschi della stessa età, tre volte più frequenti.